CONFERENZA del 9 febbraio 2019
“L’inno di Mameli: origine, storia e significato”
Relatore: Roberto Piazzini
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Da qualche anno, ha esordito il Relatore, il nostro Inno Nazionale è cantato più di frequente e con più evidente partecipazione nelle cerimonie ufficiali e in quelle sportive.
Tuttavia non sempre, o meglio quasi mai, coloro che lo cantano conoscono i riferimenti storici delle frasi e delle parole che lo compongono. Dunque, ha continuato il buon Piazzini, mi è sembrato opportuno impegnarmi nell’illustrare in ogni occasione- scuole, associazioni e ricorrenze - la storia del suo autore e soprattutto i suoi contenuti storici. In primo luogo il fatto che l’Inno è composto da cinque strofe delle quali solo la prima ed un ritornello (Stringiamoci a coorte, Siam pronti alla morte, Siam pronti alla morte, L’Italia chiamò) è cantata e quindi conosciuta dai più.
L’inno fu composto con il titolo di “Cantico degli Italiani” dal giovane patriota mazziniano Goffredo Mameli (caduto il 6 luglio 1849 a 22 anni nella difesa della Repubblica Romana) in occasione del centenario della cacciata degli Austriaci da Genova avvenuta nel 1746. Rivolta che fu accesa dal gesto di un ragazzo genovese, Battista Perasso, detto “Balilla” che ebbe l’ardire di scagliare per primo sassi contro gli occupanti austriaci.
Musicato dal genovese Michele Novaro, l’inno ebbe la sua consacrazione nel 1862 allorché Giuseppe Verdi lo inserì nell’”Inno delle Nazioni” che compose in occasione dell’Esposizione Universale di Londra ed ancora quando il maestro Arturo Toscanini lo eseguì nel 1915 in un memorabile concerto per l’intervento italiano nella Grande Guerra.
Il 2 giugno 1946, con l’istituzione della Repubblica Italiana, il “Cantico degli italiani” sostituì con il nome di “Inno di Mameli” – limitatamente alla prima strofa e ritornello - la “Marcia Reale” che aveva accompagnato il Regno d’Italia sin dalla sua nascita (14 marzo 1861).
Nella prima strofa dell’Inno, ha sottolineato il Relatore, è racchiuso il senso e la drammaticità della situazione politica italiana caratterizzata dalle sue divisioni politiche e dai suoi contrasti interni. Situazione per molti versi non dissimile da quella attraversata da Roma al tempo delle guerre puniche e dalla quale uscì per merito di Scipione che ebbe l’ardire di trasferire lo scontro in Africa (“dell’elmo di Scipio si è cinta la testa).. Nella seconda il giovane Mameli invita a superare la situazione italiana con l’unione delle sue genti (..perché non siam popolo, perché siam divisi..); nelle terza esprime in modo forte e con intonazione religiosa il desiderio dell’unione e la certezza che essa porterà alla vittoria e alla liberazione del “suolo nativo” giacché “ l’unione e l’amor rivelano ai popoli le vie del Signore “.
Nelle quarta strofa Mameli richiama i vari personaggi e gli avvenimenti che nel corso dei tempi portarono alla cacciata degli stranieri invasori. Ad essere citati sono la battaglia di Legnano vinta dalla Lega dei Comuni Lombardi contro l’imperatore del Sacro Romano Impero e Re d’Italia Federico Barbarossa; le gesta di Ferruccio Ferrucci , uomo d’armi fiorentino catturato nella battaglia di Gavinana contro le truppe di Carlo V e ucciso, sebbene ferito, (vile tu uccidi un uomo morto) da Maramaldo che comandava le truppe imperiali, l’eroismo del piccolo “balilla” genovese, i Vespri siciliani, cioè quella insurrezione popolare che reagì con successo alla pesante dominazione Angioina all’ora dei vespri del 30 marzo 1282.
La quinta strofa è dedicata all’Impero d’Austria del quale Mameli percepisce l’inizio della decadenza (..già l’Aquila d’Austria le penne ha perdute…”, ma anche all’Impero russo (il cosacco) che con l’Austria partecipò nel 1848 alla spartizione della Polonia.
In chiusura della sua esposizione il Relatore è ritornato, con evidente e palpabile commozione, al “ritornello” ripetuto dopo ogni strofa, con il quale il giovane Mameli invita gli italiani ad unirsi in “coorte”per liberare l’Italia dallo straniero. Grazie caro Roberto !..
Pierluigi Saladini, 9 febbraio 2019