ORIGINI DELLE STRADE FERRATE DEL LAZIO
Papa Pio IX durante la sua forzata permanenza nel Regno di Napoli (a partire dal 24 nov.1849 con l’avvento della Repubblica Romana), ospite del re Ferdinando III di Borbone, ebbe occasione di percorrere la breve tratta ferroviaria Portici-Pagano che aveva il primato di essere la prima ferrovia italiana in assoluto, per raggiungere l’opificio di Pietrarsa, vanto dell’industria meccanica napoletana. C’è da credere che il viaggio impressionasse molto il Pontefice, non solo per la comodità del nuovo mezzo di trasporto rispetto alle consuete carrozze, ma soprattutto in quanto esso testimoniava il “moderno” che avanzava.
Fu abbastanza per indurre il Pontefice, non appena rientrato a Roma dopo la caduta della Repubblica Romana, a dare impulso ad un programma di costruzione di tratte ferroviarie, come del resto stava avvenendo negli altri Stati della penisola: la Roma –Frascati nel 1856, la Roma –Civitavecchia nel 1859, la Roma –Velletri -Ceprano nel 1862, la Bolognia –Pistoia nel 1864 e la Roma-Ancona-Bologna nel 1866. La più impegnativa ed opportuna di queste tratte fu certamente la Roma –Civitavecchia in quanto giungeva in prossimità dello scalo portuale più importante dello Stato Pontificio.Per realizzarla fu creata (per iniziativa dell'imprenditore Luigi Maria Manzi) una Società con sede a Parigi, successivamente confluita nella Società Generale delle Strade Ferrate Romane, che provvide a redigere il progetto (firmato dall’ingegnere Gustavo Guerin), a organizzare ed eseguire i lavori necessari per la sua realizzazione e gestirne l’ esercizio ad opera terminata. I lavori iniziarono il 9 ottobre 1856 e si conclusero in 30 mesi realizzando 73 km di tracciato ad unico binario percorribili in circa 2 ore e mezzo e varie Stazioni. Ai lavori parteciparono un migliaio di operai suddivisi in 27 cantieri. Le rotaie furono fornite da un’azienda inglese.
L’inaugurazione dell’opera avvenne il giorno 17 aprile 1859 preceduta da grandi festeggiamenti ai quali parteciparono molti cittadini di Civitavecchia, confluiti a Roma, che omaggiarono il pontefice con prodotti locali. La linea aveva origine nella stazione di Roma Porta Portese e, passando per gli abitati di Magliana, Ponte Galeria, Maccarese e Palo, terminava a Civitavecchia. Il parco rotabili iniziale era costituito da undici locomotive a vapore di costruzione francese, 21 carrozze di prima classe e 25 di seconda classe (tre vagoni sono attualmente esposti al museo Centrale Montemartini in Roma). Nel 1863 con la costruzione del Ponte dell'Industria, fu possibile collegare la linea alla stazione di Roma Termini. Due anni più tardi, il 21 ottobre 1865, la linea fu raccordata al porto di Civitavecchia con un ingombrante ed inopportuno attraversamento della città che si protrasse sino al 2000, quando fu realizzato un nuovo tracciato che raggiungeva la parte nord del porto. Negli anni 1888 - 1891 fu progressivamente raddoppiato il tracciato e nel 1938 elettrificato a corrente continua a 3000 volt. Nel 1999, in occasione dei mondiali di calcio, il tracciato ferroviario fu modificato con la cosiddetta “variante aurelia” che ha ridotto notevolmente i tempi di percorrenza.
Non meno importante della Roma – Civitavecchia fu la linea Civitavecchia - Orte realizzata ad un solo binario dalla Società Elettro Ferroviaria Italiana (SEFI). Fu inaugurata il 28 ottobre 1928 in occasione del VI aniversario della Marcia su Roma, ma aperta al pubblico l’anno successivo per consentire il completamento di alcune delle 14 stazioni previste. Già auspicata nel 1860 per realizzare un collegamento diretto tra le piazzaforti di Civitavecchia ed Ancona, la linea collegava una seria di piccoli centri fino ad allora pressoché isolati, dava uno sbocco e maggior respiro alla loro economia ed in prospettiva poneva le basi ad un turismo attratto dalla eccezionale bellezza del territorio coperto da estese aree boschive e dalla presenza di innumerevoli Siti archeologici (Cencelle, Luni, Norchia, Necropoli di Blera, Sutri ecc.) ed eccezionali scorci paesaggistici. La linea si sviluppava per una lunghezza di 85,80 km e attraversava un ambiente naturale complesso che richiese la perforazione di 12 gallerie per complessivi 7 km (la più lunga quella del Casalone di 1357 mt.) e la costruzione di numerosi viadotti e ponti. Tra questi quelli in ferro per l’attraversamento dei Fiumi Mignone, Rio Maggiore e Rio Vicano.
Nel 1943 la linea, che era in corso di elettrificazione, fu interrotta dai ripetuti bombardamenti alleati che danneggiarono o distrussero la maggior parte dei ponti sui quali transitava. Fu riattivata nel 1947 e rimase in esercizio sino al gennaio del 1961 allorché fu interrotta da una frana scivolata sui binari all'imbocco della galleria Cencelle. In attesa di rimuovere la frana rimase in esercizio sino al 25 settembre 1994 solamente la tratta da Capranica a Orte ed il tratto tuttora attivo, circa 4 Km, che dalla stazione di Civitavecchia arriva ad un deposito di auto". Più avanti i binari sono stati in gran parte rimossi sino alla stazione di Capranica. Da osservare che dopo la sua interruzione, la tratta Capranica-Orte fu ufficialmente qualificata come "temporaneamente chiusa al traffico" mentre la tratta Civitavecchia-Capranica in regime di "sospensione temporanea del servizio". Nel 1983 “la temporaneità della sospensione” fu interrotta dal Ministero dei Trasporti che decretò il ripristino della linea tra Mole del Mignone e Capranica affidandone i lavori all’Impresa Astaldi Costruzioni. Nel 1986 iniziarono i rilievi progettuali propedeutici ai lavori di adeguamento della sagoma, del peso assiale massimo e della predisposizione all'elettrificazione, mentre i cantieri aprirono nel 1988. Sei anni più tardi fu completato il primo stralcio con una spesa di circa 220 miliardi di lire. Nella legge finanziaria del 1998 furono stanziati ulteriori 123 miliardi di lire per il proseguimento dei lavori, ma i relativi cantieri non furono mai aperti. Il 14 novembre 2011 con il DM 398 il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha decretato la dismissione della linea tra Civitavecchia e Capranica, nonostante le rimostranze dei tanti cittadini che ne richiedevano e sollecitavano il ripristino.
In definitiva dopo tanti miliardi spesi invano è auspicabili che non se ne spendano altri per un’opera ormai superata dai tempi. Più opportuno adattare il percorso a pista ciclabile a fine turistici, cosa che già in parte avviene pur con difficoltà per le non ottimali condizioni della pavimentazione .
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Gennaio 2021
Pierluigi Saladini, Segretario GATC